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Haile Selassie I - Testimonianze

“Ebony” – Rivista Statunitense della Comunità Afro-Americana – 1963

Allan Morrison, Giornalista di “Ebony”, Rivista Statunitense della Comunità Afroamericana
Chicago, Usa
Dicembre 1963
L’Imperatore Haile Selassie è anche chiamato Re dei Re, Leone Conquistatore di Giuda, Eletto di Dio e Difensore della Fede. Un giornalista che ha incontrato l’Imperatore in Africa una volta osservò: ‘Quando volge quegli occhi su di te, hai una sensazione divertente come se ti stessi squagliando.’
(…)
‘Se esiste qualcosa come <<un’aria regale>>, l’Imperatore ce l’ha’, osservò un importante ufficiale del Dipartimento di Stato Statunitense, che accompagnò il monarca di un metro e sessanta nella sua visita di otto giorni negli USA.
(…)
In un fresco mattino d’Ottobre, l’Imperatore Haile Selassie ha compiuto in parte la profezia biblica che l’Etiopia avrebbe un giorno ‘steso le sue mani’. In quell’occasione, il piccolo uomo che per una sola drammatica ora nel 1936 divenne la coscienza del mondo, ha teso la mano della fratellanza a 20 milioni di Americani di discendenza Africana, incitandoli ad avere fede nel loro futuro come uomini liberi, e ad andare avanti con la loro corrente lotta per la libertà fino alla vittoria. Egli ha anche incitato i Neri Americani a riconoscere il loro coinvolgimento nella lotta dell’Africa contro il colonialismo.
La visita di stato di otto giorni dell’Imperatore (la sua seconda) agli Stati Uniti ha risvegliato immagini che ancora persistono dopo 27 anni, immagini di un monarca barbuto in groppa ad uno stallone bianco, alla guida di Etiopi scalzi contro l’esercito Italiano invasore. Lance Etiopi che duellano contro mitragliatrici Italiane. Pietre che sfidano il bombardamento aereo. Ardente patriottismo contro gas venefici. E l’Imperatore Haile Selassie che si appella alla Società delle Nazioni per aiuto, e che predice accuratamente che la caduta dell’Etiopia avrebbe fatto risuonare la campana della morte della Società.
Questo fu il mio secondo incontro con il leggendario Re dei Re. Il primo confronto ebbe luogo nel 1961 nello studio riccamente ornato del suo palazzo dorato ad Addis Ababa.
(…)
Il mio secondo incontro fu più breve. L’Imperatore Haile Selassie mostrò una rimarchevole compostezza sotto le domande a raffica, ed era pronto a continuare l’intervista a tempo indeterminato se i suoi impegni l’avessero permesso. Si scusò per la chiusura dell’intervista, spiegando che la città di New York aveva organizzato una parata per dargli il benvenuto, e doveva esserci. (…)
“L’Imperatore Haile Selassie è il 225° capo del più vecchio stato indipendente del mondo, una nazione di 3000 anni che, come è stato osservato, ‘è emersa quando l’Inghilterra e la Francia non erano state concepite, e gli Stati Uniti erano inconcepibili’. Ma mentre contempla l’esteso passato della sua nazione, il monarca di 72 anni non perde di vista il presente.”
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Haile Selassie I - Testimonianze

Università di Cambridge – Laurea ad Honorem in Legge – 1924

Cambridge, 18 Luglio 1924
Dr. E. C. Pearce, Vice-Cancelliere dell’Università di Cambridge:
Conferendo a Sua Altezza Reale Tafari Makonnen, la laurea onoraria di Dottore in Legge.
“Il poeta Omero dice che gli Etiopi sono senza colpa. Erodoto dice che vivono a lungo, probabilmente poiché non usano vino. E’ un fatto assodato che la razza che rifiutò il tributo ai Persiani e a Cambise abbia resistito anche ad altri, una razza molto gelosa della sua libertà.  Chi non sa che la Regina di Saba, condotta dalla fama di Salomone, giunse con cammelli portando spezie, oro e gemme, per mettere alla prova il Re con indovinelli, e che tornò al suo paese per essere madre dei re, che attraverso i secoli dovrebbero vantarsi d’essere del seme di Davide ?  Chi non sa della Regina Candace e della Chiesa fondata tra gli Etiopi ? Tutto questo è storia antica, e la fama eterna lo stabilisce. Queste cose e le tradizioni degli Etiopi sono state date più tardi agli Inglesi da un uomo di Cambridge, del Christ’s College.
E’ presente con noi l’erede della Regina Giuditta che, seguendo le orme del suo saggio antenato, come lui supera in sapienza tutti i re dell’Est e dell’Egitto. Non c’è nulla di nuovo e nulla di vecchio che non lo interessi. Egli indaga le antichità Cristiane, ma è anche curioso delle novità. Ha compiuto un volo aereo, scritto libri sui suoi viaggi e su San Crisostomo, e ha tradotto in Amharico gli scritti di Sant’Isacco sull’ascetismo. Questi libri, stampati nella Tipografia di proprietà del Re, li troverete nella Biblioteca della nostra Università. Egli ha inoltre costruito scuole per l’educazione superiore dei ragazzi e del clero della sua terra.
Un così grande re, perciò, di stirpe Reale e carattere Reale, ospite e alleato del popolo Britannico, vi presento Tafari Makonnen, la speranza degli Etiopi.”
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Nelson Mandela – Presidente e Liberatore del Sud Africa

Conversazione con Richard Stengel
Riguardo al suo incontro con S.M.I. Haile Selassie I.
“Quello era un uomo impressionante, veramente impressionante. Era la prima volta che vedevo… un capo di stato che attraversava tutte le formalità… i movimenti della formalità. Questo tizio venne indossando un’uniforme, e venne e si inchinò. Ma era un inchino che non era un inchino – stava eretto, vedi, abbassò soltanto la testa… allora… prese posto sul suo seggio e si rivolse a noi, ma parlò in Amharico… Allora, alla fine della conferenza, egli vide proprio ogni delegazione… e il commilitone Oliver Tambo mi chiese di parlare per la nostra delegazione, così gli parlai e gli spiegai brevemente cosa stava succedendo in Sud Africa… Era seduto sulla sua sedia, ascoltando come un tronco… senza annuire, soltanto immobile, sai, come una statua… La volta successiva che lo vidi fu quando presenziammo ad una parata militare, e quella fu veramente impressionante, assolutamente impressionante. E lui dava dei riconoscimenti… per i soldati; tutti coloro che si erano diplomati ricevevano un certificato… Una cerimonia molto buona – un tizio veramente dignitoso – e dava anche delle medaglie. C’erano dei consiglieri militari Americani e gruppi di consiglieri militari da vari paesi… E così diede delle medaglie anche a questi tizi. Ma vedere dei bianchi andare da un Monarca Imperatore Nero e inchinarsi, fu anche molto interessante.”
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Indro Montanelli – Giornalista Italiano – 1982

Intervista con Enzo Biagi, tratta da “1935 e dintorni”, E.Biagi, Mondadori 1982.
“Io ho una grande ammirazione per il negus, un vero uomo senza dubbio, e gli abissini erano gente amabilissima, mai stati nostri nemici, anche durante il conflitto, dovunque andassimo ci accoglievano con feste…” (…)
“Ricordo Haile Selassie come una persona piena di dignità, l’ho conosciuto quando ritornai laggiù: diffidente, furbo, accortissimo, certamente un capo adatto al suo paese, che non accettò mai le offerte che gli furono fatte da noi. Come tu sai, subito dopo gli volevamo dare un grosso appannaggio, farlo re di Rodi o di qualche isola dell’Egeo, il che era certamente più comodo che non andare esule a Londra, povero, perché non aveva soldi esportati. E invece seppe conservare il suo rango, il suo stile, ma soprattutto ebbe questo grande merito: appena rientrato ad Addis Abeba si mise a proteggere gli italiani, non ebbe mai nessun rancore.”
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Dr. Oswald Hoffmann – Programma Radio Internazionale “The Lutheran Hour” – 1968

“Vostra Maestà Imperiale, è un grande onore che mi sia permesso di parlare con voi oggi, ed avervi come ospite in questo speciale programma natalizio che sarà trasmesso in tutto il mondo.” (…)
“Sua Maestà Imperiale l’Imperatore Haile Selassie il Primo è asceso al trono d’Etiopia nel Novembre del 1930. Adesso, nell’anno 1968, Haile Selassie I è stato in prima linea per mediare nella crisi del Biafra. Alcuni degli anni intercorsi sono stati tempestosi. Ma ci sono pochi statisti che possono ripercorrere una carriera di più risoluta leadership sia negli affari interni che mondiali. Pochi possono rivendicare una maggiore continuità ininterrotta con il passato, che nondimeno si muove metodicamente nel ventesimo secolo. Allo stesso tempo, pochi hanno visto più angoscia e sconfitta di Haile Selassie, di cui il biografo Leonard Mosley ha scritto in un progettato epitaffio: ‘Egli ha modellato gli eventi piuttosto che attenderli’.
Soltanto sette mesi dopo essere diventato Imperatore nel 1930, Egli diede al popolo d’Etiopia la sua prima Costituzione scritta. Il suo appello dinanzi alla Società delle Nazioni nel 1936, mentre il Suo paese era devastato dalle armate di Mussolini, e il suo angosciante esilio negli anni successivi, sono incisi nella memoria del mondo. Quando riottenne il Suo trono nel 1941, il Suo rifiuto di permettere ritorsioni contro l’invasore sconfitto fu visto con incredulità.
In questo giorno’, disse, ‘devo ringraziamenti che non possono essere espressi dalla bocca dell’uomo al Dio vivente, che mi ha dato la possibilità di essere presente in mezzo a voi. Oggi è l’inizio di una nuova era nella storia dell’Etiopia. Dacché è così, non ripagate il male con il male… non commettete alcun atto di crudeltà come quelli che il nemico ha commesso contro di noi sino al tempo presente’.
Quando lo Statuto delle Nazioni Unite fu compilato dopo la Seconda Guerra Mondiale, Sua Maestà Imperiale Haile Selassie I fu uno dei suoi originali redattori. Nel 1963, Egli ha stabilito l’Organizzazione dell’Unità Africana, per incoraggiare la cooperazione tra gli Stati Africani e coordinare i loro sforzi per costruire una vita migliore per il popolo di tutta l’Africa.
Le riforme costituzionali nel 1956 hanno garantito tutti i diritti al popolo d’Etiopia, sebbene l’Imperatore mantenga molto potere personale nel governare la Sua nazione agricola di 22 milioni di persone, cercando tutto il tempo di condurla verso un modo di vivere pienamente moderno.
A 76 anni d’età, Sua Maestà Imperiale continua a lavorare 20 ore al giorno, con tre ore per il sonno e una votata alla preghiera.” (…)
“Vostra Maestà Imperiale, come figura di importanza mondiale e probabilmente uno degli uomini più conosciuti nel mondo oggi…”
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Il Principe d’Italia Amedeo Savoia-Aosta, 1986

Tratto da “In Nome del Re”, di Amedeo Savoia-Aosta,  Rusconi 1986, pp. 133-137
“Da questo punto di vista, pensando cioè a un avversario politico, il mio incontro più emozionante e commovente l’ho avuto con Hailé Selassié. Dobbiamo ricordarci che fummo noi italiani a fare guerra al Negus Neghesti, a invadere il suo Paese, e che mio zio Amedeo fu, successivamente, Viceré d’Etiopia. Ma sapevo che una volta ritornato sul trono di Giuda, Hailé Selassié aveva parlato di Amedeo d’Aosta come di ‘un uomo di generosa bontà e illuminata saggezza’ e che si era comportato nei confronti degli italiani con intelligenza e comprensione. Io volevo andare a visitare i luoghi dove mio zio aveva combattuto ed era stato fatto prigioniero. L’Amba Alagi soprattutto. L’editore Rusconi, nel 1968, mi organizzò un viaggio con il giornalista Alfredo Ferruzza e mi ricordai che nel 1930 proprio il Negus, appena nominato imperatore, cioè diventato Negus Neghesti, Re dei Re, aveva ricevuto il Collare dell’Annunziata da Vittorio Emanuele III per mano del duca degli Abruzzi. Quindi, il primo contatto tra le due Case Reali era avvenuto tramite un Aosta. Così scrivo una lettera all’imperatore d’Etiopia; essendo un Collare dell’Annunziata, la indirizzo alla ‘Maestà Imperiale e caro cugino’. La risposta mi arriva immediatamente tramite l’ambasciatore etiopico a Roma: Hailé Selassié mi fa sapere che per lui sarà una vera gioia accogliere il duca d’Aosta ad Addis Abeba. A questo punto la visita diventa ufficiale e il ministro degli Esteri d’allora, Pietro Nenni, si preoccupa di darmi alcuni ottimi consigli su come trattare con l’Imperatore d’Etiopia ed alcuni tra i ras più importanti per migliorare ulteriormente i rapporti tra i due Paesi: certe cicatrici provocate dalla guerra non si erano ancora rimarginate del tutto…
Finalmente parto con mia moglie Claudia e due amici (…) Massaua. Qui ci attende l’Imperatore, nello stesso palazzo dove abitò anche lo zio Amedeo, una bellissima villa bianca sul mare. Vi giungiamo scortati da otto motociclisti. All’ingresso un’intera compagnia mi presenta le armi: più di quanto mi sarebbe spettato se in Italia ci fosse stata ancora la monarchia. L’Imperatore ci accoglie a metà della scala d’accesso e non in cima, un omaggio che non aveva riservato neppure alla Regina Elisabetta. Noi gli facciamo i tre inchini previsti dal protocollo, e mia moglie la riverenza. Entriamo in una grande sala e si parla in francese come mi era stato consigliato di fare. C’erano vari ras e il Negus mi dice: ‘Suo zio, il duca Amedeo d’Aosta, è stato un grande gentiluomo che ha fatto solo del bene al mio Paese. Pensi che dalla regina di Saba ad oggi il mio impero non era stato mai totalmente pacificato come quando il duca d’Aosta ne fu il Viceré. Qui gli italiani hanno lasciato un ottimo ricordo: strade, scuole, ponti, ospedali che usiamo ancora’. Non ha mai parlato della guerra e dei lutti che è costata al suo popolo. Prima di lasciarmi, mi ha chiesto sorridendo: ‘Ma lei è un principe come quelli delle famiglie reali europee che non fanno niente dalla mattina alla sera, o lavora?’. Poi ha voluto che proseguissi il viaggio sul suo aereo personale.
Ho visitato tutte le principali città dell’Etiopia, quindi a piedi sono salito sin sull’Amba Alagi che è alta, per l’esatteza, 3411 metri. (…)
Ho visto una seconda volta Hailé Selassié nel 1970 quando, durante un viaggio in auto da Città del Capo a Capo Nord, passai da Addis Abeba. Stavolta il Negus Neghesti mi ricevette in modo meno ufficiale: nel salotto privato del Palazzo imperiale; era circondato da innumerevoli chihuahua, quei cani piccolissimi: ce n’erano dappertutto: sul divano, sulle poltrone, sui tappeti…
L’anno seguente, trovandosi in Italia l’Imperatore mi fa sapere che vorrebbe vedermi. (…) ci mettiamo d’accordo per Venezia, all’hotel Danieli. Qui gli regalo una targa ricordo del primo volo senza scalo da Roma ad Addis Abeba effettuato dal generale Zappetta con un monomotore Nardi Fiat. Siamo soli e mi ringrazia in italiano. Alla mia reazione di stupore lui, con un’aria divertita, abbassando la voce, mi spiega: ‘Io parlo la vostra lingua, ma nessuno lo sa e nessuno lo deve sapere. Vede, io ho dovuto parlamentare spesso con gli italiani e con la scusa dell’interprete prima sentivo i discorsi che mi facevano, poi, mentre l’interprete traduceva, avevo il tempo per meditare la risposta. Non solo ma avevo anche la possibilità di controllare se la mia risposta veniva tradotta correttamente’. Amava molto Dante e conosceva a memoria molti passi della Divina Commedia. Riferendosi a certe difficoltà che avevo con delle persone, mi disse: ‘Non ti curar di loro ma guarda e passa’.
Gli chiesi perché mandava tanti studenti all’estero, anche in Unione Sovietica ben sapendo che molti di loro, frequentando i nemici del suo regime, gli si sarebbero rivoltati contro. E lui mi rispose: ‘Lo so, ma credo di fare ugualmente una cosa giusta: i giovani devono assolutamente conoscere il mondo, aprire la mente per affrontare il Duemila. Non possiamo stare fermi, dobbiamo guardare al futuro. Quindi se anche un giorno tutto ciò diventasse un boomerang, mi ricadesse addosso… non importa: l’Etiopia deve progredire’.
Tutto quello che in seguito Hailé Selassié dovette patire, se proprio non venne provocato fu almeno incoraggiato dagli studenti etiopici rientrati in Patria.”
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Aldo Moro, Ministro degli Esteri Italiano, Addis Abeba 1970

6 Luglio 1970, Addis Abeba

“Nel contesto di questo mio viaggio di informazione e di buona volontà in Africa dell’est, la visita ad Addis Abeba assume un’importanza e un significato del tutto particolari. Vi sono tra i nostri due popoli naturali legami, spirituali, religiosi e culturali, i quali facilitano la reciproca comprensione e promuovono sentimenti di viva simpatia. Molteplici affinità rendono agevoli e fertili i rapporti tra i due paesi. Ma i progressi compiuti nelle nostre relazioni bilaterali non sarebbero stati così sensibili senza l’alto incitamento e il benevolo costante interessamento del vostro augusto sovrano, il quale ha indicato la via della cooperazione e dell’amicizia.

Noi sentiamo quindi di dover dare qui sincera testimonianza dei sentimenti di gratitudine, di devota ammirazione del Governo e del popolo italiano nei riguardi di Sua Maestà l’Imperatore; e ciò anche per l’opera che egli, in virtù del suo indiscusso prestigio in campo internazionale e della sua autorevolezza morale, ha sempre svolto per la causa della pace e per l’indipendenza, l’unità e il progresso del continente africano. In tempi difficili e nei quali la società internazionale vive un processo di rapida e complessa evoluzione, il vostro continente – il cui ruolo diventa ogni giorno più importante nelle vicende mondiali – ha la fortuna di poter contare su un capo saggio, lungimirante e pensoso del bene, non soltanto del suo glorioso popolo e del suo antico Paese, ma dell’Africa tutta.

Con l’Etiopia dunque, l’Italia democratica intende collaborare sempre più strettamente nello spirito che finora ha caratterizzato i rapporti bilaterali e la posizione internazionale dei nostri due governi.”

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Papa Paolo VI, Ginevra 1969

Maestà,

Ci procura grande piacere incontrare Vostra Maestà oggi in questo famoso centro di attività mondiali: attività dirette al miglioramento del genere umano. Siamo lieti di aver avuto questa opportunità d’intrattenerci con Voi su problemi di comune interesse, e ancora una volta Ci siam trovati uniti insieme nel fervido sforzo diretto agli stessi scopi di pace e di unità fra gli uomini.

L’interessamento della Vostra Maestà Imperiale per la causa della pace è ben noto, e la fatica e gli sforzi da Voi compiuti a questo fine hanno suscitato l’ammirazione di tutti gli uomini retti. Poiché anche Noi aneliamo alla pace, Vi esprimiamo la Nostra sincera gratitudine per i Vostri incessanti sforzi che Noi abbiamo appoggiato con entusiasmo.

La pace, tuttavia, non è solo un’opera negativa; la vera pace è positiva: essa implica unità, carità, comprensione, tolleranza e perdono. Questo aspetto positivo della pace spicca pure in maniera eminente nelle opere della Maestà Vostra Imperiale per il bene della umanità, e specialmente in quel grande compito che Voi vi siete assunto e per il quale avete lavorato con coraggio: l’unione nell’Africa.

Ma tutte le opere di uomini bene intenzionati, che, secondo il proprio modo di vedere, si adoperano per un mondo migliore, a nulla giovano se non si tiene conto del Grande Iddio e dei più alti destini dell’uomo. Sotto questo riguardo Vostra Maestà Imperiale s’è meritata la stima di tutti per il rispetto mostrato in tutto il vostro operare verso la grande dignità della natura dell’uomo, e per aver dato esempio di personale coraggio e forza d’animo in una vita non priva di sacrifici.

Noi desideriamo di continuare a lavorare in spirito di amicizia e di cooperazione per gli ideali cui entrambi aneliamo, e preghiamo costantemente che tali ideali possano essere conseguiti. Inoltre preghiamo in special modo che Vostra Maestà Imperiale e tutto il Vostro diletto popolo possano ricevere l’abbondanza delle divine benedizioni.

Papa Paolo VI / Ginevra – Martedì 10 giugno 1969

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I ricordi di Nelson Mandela

Tratto dalla sua autobiografia “Il lungo cammino verso la libertà” (1995)
“L’Etiopia ha sempre avuto un posto speciale nella mia immaginazione, e la prospettiva di visitare l’Etiopia mi attraeva molto di più che un viaggio in Francia, Inghilterra e America insieme. Sentivo di visitare la mia propria genesi, dissotterrando le radici di ciò che mi rende un Africano. Incontrare Sua Altezza, l’Imperatore Haile Selassie d’Etiopia, sarebbe stato come stringere la mano alla storia.” (…)
“Qui, per la prima volta nella mia vita, stavo assistendo a dei soldati neri comandati da generali neri, applauditi da leader neri che erano tutti ospiti di un capo di stato nero. Fu un momento inebriante. Sperai soltanto che fosse una visione di quello che si trovava nel futuro del mio proprio paese.” (…)
“La conferenza fu ufficialmente aperta da colui che ci ospitava, Sua Maestà Imperiale, che era vestito con un’elaborata uniforme militare broccata. Fui sorpreso di quanto l’imperatore apparisse piccolo, ma la sua dignità e confidenza lo facevano sembrare come il gigante Africano che era. Era la prima volta che assistevo all’opera di un capo di stato attraverso le formalità del suo ufficio, e ne fui affascinato. Egli stava perfettamente dritto, ed inclinava la sua testa soltanto lievemente per indicare che stava ascoltando. La dignità era il marchio distintivo di tutte le sue azioni.
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“Ogni occhio Lo vedrà”

Indovinate chi c’è nella prima foto a colori su giornale della storia… “Un’Altra Rivoluzione del Colore”
L’Imperatore d’Abissinia, che è il soggetto della prima fotografia a colori mai riprodotta da un giornale“…
(Daily Record, Quotidiano Scozzese, 22 Giugno 1936)
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