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Etiopia - Storia, Costumi e Territorio

L’Etiopia Dominatrice della Maratona

Anche quest’anno alle Olimpiadi di Parigi, come è recentemente di consuetudine per le grandi rassegne sportive, abbiamo visto lo strapotere degli Etiopi nella maratona. Entrambi i vincitori della maratona maschile e di quella femminile, Tamrat Tola e Sifan Hassan (sebbene naturalizzata olandese), sono Etiopi.

Seppure sia ormai un’abitudine, e si riconosca agli Etiopi un dominio constante e intramontabile nella disciplina – con una graduale crescita al vertice a partire dal leggendario Abebe Bikila, trionfatore scalzo nelle Olimpiadi di Roma del 1960 e ufficiale della guardia imperiale di Haile Selassie I – pochi tuttavia meditano sulle ragioni spirituali e il valore simbolico di questo fenomeno.

Nei giochi olimpici antichi, la maratona era considerata l’evento sportivo supremo. Essa infatti ricordava la corsa di Fidippide dalla città di Maratona all’Acropoli di Atene, del 490 a.C, per annunciare la vittoria sui Persiani, e dunque la libertà dagli invasori stranieri, quella stessa che permetteva la serena e indisturbata organizzazione dei giochi. Essa era dunque connotata da un superiore valore storico, morale e di verità rispetto alle altre discipline: per trionfare, l’atleta non doveva essere soltanto dotato di resistenza ed efficienza fisica, ma anche di lucidità mentale, capacità di sopportazione del dolore, senso di sacrificio, pazienza, speranza, e dunque di molta forza spirituale.

Nella Bibbia, profeticamente, il servitore di Davide che corre ad annunciare al Re la sua vittoria sui nemici, proprio come Fidippide a Maratona, è Etiope, e nel capitolo 18 del II Libro di Samuele, verso 19-23, egli ispira il figlio di Sadoc a correre dietro di lui:

“Achimàas, figlio di Sadoc, disse a Ioab: «Correrò a portare al re la bella notizia che il Signore lo ha liberato dai suoi nemici». Ioab gli disse: «Tu non sarai oggi l’uomo della bella notizia, la darai un altro giorno; non darai oggi la bella notizia, perché il figlio del re è morto». Poi Ioab disse all’Etiope: «Va’ e riferisci al re quello che hai visto». L’Etiope si prostrò a Ioab e corse via. Achimàas, figlio di Sadoc, disse di nuovo a Ioab: «Comunque sia, voglio correre anch’io dietro all’Etiope». Ioab gli disse: «Ma perché correre, figlio mio? La bella notizia non ti porterà nulla di buono». E l’altro: «Comunque sia, voglio correre». Ioab gli disse: «Corri!». Allora Achimàas prese la corsa per la strada della valle e oltrepassò l’Etiope…”

La leadership dell’Etiope nella maratona, evocata da questo passo, ci ricorda che Egli è l’uomo originale e la fonte della nostra libertà, e come egli sia destinato a trionfare nella storia sulla lunga distanza dei millenni, dacché rappresenta l’origine a cui tutti siamo destinati a ritornare. Attraverso questi atleti, generalmente esemplari anche nella fede e nella disciplina religiosa, vediamo il compimento dell’insegnamento di San Paolo:

“Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile. Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta”. (I Corinzi 9, 24-26)

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Il Monte Zion

Pensano che quando dici “Monte Zion” sia un’espressione simbolica e poetica… guarda l’Etiopia dove sta… con i suoi 2400 m, Addis Abeba è la capitale più alta dell’Africa.

“Le fondamenta sono sui Santi Monti” (Salmo 86/87)

 

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Il Caffè è Nero Etiope

La parola “Caffè” deriva dalla regione etiopica del Kaffa, da cui la pianta e la sua tradizione alimentare provengono originariamente. Ogni mattina, quasi tutta Italia comincia la sua giornata con questa sostanza nerissima ed etiope. L’inizio del giorno ci rammenta continuamente l’inizio africano e nero della storia.
E persino la Moka, ideata e brevettata da un Italiano nel periodo fascista, prende il suo nome da una parola Etiope. Oltre ad essere una cittadina Yemenita (antica colonia etiope) di grande importanza storica per il caffè, Ymokal significa “riscalda”.
Ma in Etiopia il caffè (che si chiama “Bunna” ቡና) non si prende con la Moka, che produce una sostanza molto concentrata e forte, violenta sul metabolismo e sul sistema nervoso; viene bollito invece in una brocca di terracotta, chiama “Jebenà” ጀበና, e poi filtrato, ottenendo così una bevanda molto più leggera e godibile, che si insaporisce con la ruta ed altre spezie, e si serve insieme all’incenso attraverso una cerimonia domestica affascinante e inebriante…
“L’Etiopia, dalla provincia del Kaffa, ha dato al mondo il nome e il prodotto del caffè.”
– Sua Maestà Imperiale Haile Selassie I –
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Aksum Tzyon – Tigray

Axum, antica capitale dell’Impero Etiopico, situata nel Nord, nella regione del Tigray. E’ il luogo in cui è tutt’ora custodita l’Arca dell’Alleanza (Tabot).

Dalla fotografia si scorge la chiesa di Maryam Tzyon che la ospitava anticamente, e anche la cappella più moderna fatta erigere da S.M.I. Haile Selassie I, che la ospita attualmente.

Secondo la tradizione, il nome specifico dell’Arca è Zion (Tzyon), e fu portata in Etiopia dal figlio di Salomone e della Regina di Saba, Menelik Primo.

 

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Le Chiese-Foresta in Etiopia

Ogni Chiesa in Etiopia è dotata di un ampio giardino esterno, in cui i fedeli possono meditare e ascoltare liturgia e predicazione. La connessione organica con la natura è considerata un fondamento della vita spirituale e del suo giusto intendimento, e non viene sostituita da modelli iper-urbanizzati e artificiali, come in Occidente.
Nelle aree intensamente coltivate o sfruttate dal lavoro, le chiese appaiono dall’alto come delle oasi botaniche, e svolgono un essenziale ruolo di preservazione della ricchezza biologica del territorio.
Nella prima foto, la chiesa di Goha Maryam nei pressi di Bahr Dar.  Nella seconda foto, la chiesa di Betzawit Maryam e nella terza la chiesa di Debre Meheret Arbatu Ansesa, entrambe nelle vicinanze del Lago Tana.
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La Statua di Menelik II – Addis Abeba

La statua equestre di Menelik II, vincitore di Adwa, fatta erigere da Haile Selassie I e da Lui inaugurata nel 1930, in occasione della Sua Incoronazione.

Si trova proprio dinanzi alla Chiesa di San Giorgio in cui Haile Selassie I fu incoronato.

 

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“13 Mesi di Sole”

Dato che il Calendario Etiope è fatto di 13 mesi (12 mesi da 30 giorni più un mese minore, detto Pagumiè, di 5 o 6 giorni) il motto turistico dell’epoca imperiale era: “Etiopia, 13 mesi di sole.” Una frase che si accorda bene alle suggestioni spirituali del tradizionale nyabinghi Rastafari “No Night in Zion”. 
13 mesi di clima piacevole e uniforme, senza gli inverni “inferni” dell’Occidente, e con una produzione agricola eccellente e continua.
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La Chiesa di Qeddus Ghiorghìs a Lalibela

Chiesa di San Giorgio, Lalibela, Etiopia.
Considerata l’ottava meraviglia del mondo, ha la forma di una “croce greca”. È stata realizzata scavando dall’alto verso il basso il tufo vulcanico, ed è circondata da profonde trincee con una profondità di scavo di 12 m.
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Il “Portale” di Axum

“A chi bussa sarà aperto”

La misteriosa porta scolpita sull’obelisco monolitico di Axum, nel Tigrai.

Portale Mistico.

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Le 14 Province dell’Etiopia Imperiale

In epoca Imperiale vi erano in Etiopia 14 Province, che sono enumerate in questa immagine dall’Eritrea all’Harar, definite su base territoriale, e non etnica come fu disposto dopo la “deposizione” del Re, stabilendo così le basi per la frammentazione sociale e i conflitti tribali dell’Etiopia contemporanea.

Il Rasta crede in Una Sola Etiopia oltre tutti i tribalismi, così come in Un Solo Dio.

 

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