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Haile Selassie I - Testimonianze

J.A. Rogers – Giornalista e Scrittore Afro-Americano -1972

“Hailè Selassie era gradevole e molto affabile, ma pieno di dignità naturale. Il suo volto irradiava intelligenza, gentilezza, buona indole e immense riserve di potere. Sorrideva spesso. Vero cristiano, osservava sempre i più nobili precetti della sua fede. Quando un uomo che aveva tentato di assassinarlo fu condannato a morte, Hailè Selassie non solo rifiutò di firmare il mandato, ma lo perdonò. Abolì anche le impiccagioni pubbliche; la mutilazione dei ladri abituali; e si sforzò di sostituire la vecchia legge mosaica, in base alla quale un assassino viene consegnato al parente più prossimo della vittima, con la giustizia moderna. Ma si dice anche che non dimenticasse mai un nemico.

Quasi tutti coloro che entrarono in contatto con lui rimasero impressionati dalla sua personalità. (…)

Il suo carattere si distingue nettamente da quello di Mussolini. Quest’ultimo glorificava la guerra. Il suo metodo per risolvere i problemi con un rivale era minacciarlo e, se ciò non bastava, ucciderlo. Hailè Selassie, sulla d’altra parte, favoriva la pace. Il suo metodo per allontanare i rivali era il ragionamento e la conciliazione. Nel 1935 affermò: Faremo tutto il possibile per evitare una guerra indegna della civiltà. Speriamo che il diritto e la giustizia prevalgano sempre sulla forza’. Mussolini disse. ‘La guerra è appropriata per un uomo come la maternità lo è per una donna. Sostengo che la pace sia una virtù negativa. È solo in guerra che si viene rivelati in una luce adatta’.

Nato con un potere autocratico, Haile Selassie vi rinunciò volontariamente e si sforzò di fare dell’Etiopia una democrazia. Mussolini, cresciuto sotto una monarchia costituzionale e un tempo socialista lui stesso, era più dispotico di un sultano o di uno zar.

Haile Selassie apparteneva a una delle più antiche famiglie del mondo, reali o meno. Discendeva dal re Ori, 4470 a.C. Sapeva nominare tutte i regnanti, i suoi antenati, che vennero dopo Ori. Nonostante la sua discendenza super-aristocratica e il fatto che fosse investito di un potere più assoluto di quello che Mussolini era in grado di conquistare, era modesto, tranquillo, affabile e completamente privo di pretese. Mussolini, d’altro canto, era il discendente di una famiglia che era stata contadina per tre secoli. Suo padre era un fabbro. Lui stesso era un povero maestro di scuola, che attraverso la spietatezza e l’abilità salì al potere supremo nella sua terra natale. Mentre è il carattere, non la nascita, ad essere importante, e mentre i servi che salgono al potere a volte diventano padroni capaci e premurosi, Mussolini esibiva tutti i tratti odiosi del servo che è salito all’autorità come menzionato nella Bibbia. Era un millantatore, uno sbruffone, uno spaccone. Il suo patriottismo era a buon mercato perché ogni sua mossa e gesto era spurio e calcolato per impressionare la plebe. Come ogni parvenu, si metteva in mostra in continuazione. (…)

Haile Selassie, d’altro canto, era tutto ciò che un vero aristocratico dovrebbe essere. In ogni sua mossa era un gentiluomo e si distingueva come un saggio leader, uno statista non solo di cervello, ma di cuore. Come tale era un sovrano nel miglior senso della parola. (…)

Ecco un modello per tutti gli statisti. Con un simile atteggiamento prevalente in tutto il mondo, le guerre non ci sarebbero più. Migliaia di anni fa l’Etiopia diede al mondo il primo ideale di giusto e sbagliato, la prima moralità. Haile Selassie indicò la strada verso l’amicizia e la fratellanza interrazziale e internazionale, il vero obiettivo della civiltà. Poneva il diritto al di sopra della politica.

Nell’aspetto personale Haile Selassie era ugualmente attraente. I suoi lineamenti squisitamente cesellati riflettevano raffinatezza, cultura, amabilità e sagacia intellettuale. Nessuna sua foto era in grado di catturare l’essenza del suo spirito. Per quanto riguarda l’impressione generale che ne abbiamo, è stato veramente descritto come una ‘edizione nera del Cristo dipinto’.

Di Haile Selassie si potrebbe quasi dire: ‘Ecco l’uomo perfetto’.”

(Tratto da “World’s Great Men of Color” Vol. I, di J.A. Rogers, 1972)

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Generale E.Virgin, Consigliere Militare Svedese – 1936

“Per mezzo della sua sapienza, del suo auto-controllo, della sua energia, del suo coraggio e della sua scaltrezza, l’Imperatore Haile Selassie ha trovato il modo di aggirare gli ostacoli che lo assediavano; ma nella sua lotta per il potere egli ha anche mostrato umanità e nobiltà di carattere. Oltre a quei suoi nemici che sono caduti in battaglia, con le armi nelle loro mani, egli non ha mai ucciso nessuno. (…) Dei rimanenti avversari, in effetti alcuni sono ancora in prigione, ma molti altri sono stati reintegrati nelle loro vecchie posizioni e sono adesso leali alleati dell’Imperatore. La vena di durezza e crudeltà, caratteristica di così tanti autocrati Orientali, è del tutto assente nel presente Imperatore d’Abissinia”.
(tratto da “The Abyssinia I Knew”, General E.Virgin, London 1936)

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LA STAMPA – 8 Settembre 1966

“La Stampa”, 8 Settembre 1966
Articolo di Ferdinando Vegas

“HAILE SELASSIE – LA VISITA IN ITALIA

La visita in Italia dell’imperatore Haile Selassie di Etiopia sarà un avvenimento molto diverso dalle solite visite ufficiali, così frequenti oggi fra i capi di Stato. E’ infatti un caso più unico che raro che un sovrano, dopo essere stato aggredito e privato del regno da un Paese, vi giunga da amico, senza albergare nel proprio animo il più lontano sentimento di rancore.

L’atteggiamento di Haile Selassie verso i suoi antichi nemici si fonda su un elemento razionale: la distinzione che egli ha sempre fatto, e pubblicamente dichiarato, tra il fascismo e il popolo italiano. L’intero popolo, secondo l’Imperatore, non può essere tenuto responsabile di un’impresa voluta da Mussolini e dai dirigenti fascisti; anche se molti italiani – bisogna riconoscerlo per debito di oggettività storica – si lasciarono allora ubriacare da un’abile propaganda.

Quando i grandi imperi coloniali sembravano ancora solidi e fiorenti, non era certo facile per un italiano (che il regime fascista aveva isolato dal contatto con la realtà internazionale) comprendere quanto fosse anacronistica l’avventura imperiale del duce. Trent’anni fa, invero, gli imperi coloniali già scricchiolavano, dall’India all’Egitto al Medio Oriente; uno statista preveggente si sarebbe reso conto che l’era del colonialismo volgeva inesorabilmente alla fine. Così l’impresa d’Etiopia poteva agevolmente riuscire, come riuscì, sul piano immediato, della conquista militare, ma al prezzo di rompere il precario equilibrio internazionale e dare inizio alla serie di aggressioni che sarebbe sfociata nella seconda guerra mondiale.

Il fragile, neonato impero italiano fu travolto nel corso stesso della guerra. Haile Selassie rientrò ad Addis Abeba nel maggio del 1941, esattamente cinque anni dopo che l’aveva occupata il Maresciallo Badoglio. Ed alla folla acclamante l’Imperatore raccomandò subito: ‘Non ripagate il male con il male. Non vi macchiate di atti di crudeltà…’. Qualche settimana prima, nel proclama emanato mentre era in marcia verso la capitale, Haile Selassie così si era espresso: ‘Io vi raccomando di accogliere in modo conveniente e di prendere in custodia tutti gli italiani che si arrenderanno con o senza armi. Mostrate loro che siete dei soldati che possiedono il senso dell’onore e un cuore umano’.

L’azione di Haile Selassie protesse dunque gli italiani d’Etiopia da ogni atto di ritorsione, nel delicato momento del trapasso dei poteri. In seguito, l’Imperatore ha sempre dimostrato una particolare predilezione per i nostri concittadini rimasti nel suo Paese, tanto che la comunità italiana è la più fiorente tra quelle straniere, con un’ottima posizione materiale e morale. Compiuta dunque felicemente la riconciliazione tra Italia ed Etiopia, la visita di Haile Selassie, oltre e più che porre il sigillo sul passato, dovrebbe dischiudere migliori possibilità di collaborazione per il futuro.

L’Etiopia infatti, come tutti i Paesi in via di sviluppo, ha grande bisogno dell’aiuto dei Paesi progrediti. La struttura arcaica dell’impero, sostanzialmente ancora a regime feudale, non si presta ad un salto brusco nel mondo moderno, a meno che non si voglia tentare la scorciatoia rivoluzionaria, con tutti i rischi che essa comporta. La direttiva fondamentale di Haile Selassie è appunto di guidare gradualmente il Paese verso la necessaria evoluzione, con un metodo che è indubbiamente paternalistico, ma tiene conto dell’effettiva realtà dell’Etiopia: il 95 per cento di analfabeti, fuori dalla capitale, i due terzi della terra in mano ai grandi feudatari e al clero copto.

La scelta della via riformistica, anche se perseguita dall’Imperatore con grande serietà e tenacia, non poteva non suscitare il malcontento degli elementi più impazienti, esploso nella sanguinosa rivolta del dicembre 1960. Ancora una volta Haile Selassie, che si trovava in visita al Brasile, dava prova di coraggio, riprendendo in mano la situazione, senza operare vendette e senza abbandonare il corso riformistico. D’altra parte sul piano internazionale, l’Imperatore ha inserito l’Etiopia nel vivo del movimento progressista e unitario africano; mentre mantiene cordiali rapporti, sottolineati dalle sue visite, col mondo occidentale e con quello orientale.

Roma, a parte Pechino, è l’ultima delle grandi capitali che Haile Selassie non ha ancora visitato come sovrano. Ora la lacuna sta per essere colmata e finalmente l’Imperatore esaudirà il desiderio, tante volte espresso ad ospiti italiani, di cementare la rinnovata amicizia appunto con un viaggio nel nostro Paese. Possa sentire, dal benvenuto che gli porgiamo, e dalle calorose accoglienze che lo accompagneranno, quanto è sinceramente ricambiata da noi l’amicizia.”

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RADIOCORRIERE – 21 Luglio 1963

“Tuttavia l’Imperatore ha mostrato di comprendere i problemi del Paese, imboccando la strada delle caute riforme sociali, della lotta all’analfabetismo, aprendo le porte alla collaborazione internazionale. Oggi in Etiopia si possono incontrare tecnici ed esperti di ogni parte del mondo. Non solo italiani, molti dei quali sono rimasti sin dai tempi dell’occupazione e che godono tuttavia di molta stima e simpatia, ma inglesi, francesi, russi, americani, svedesi. L’Etiopia è il Paese africano che ha il maggior numero di rappresentanze diplomatiche all’estero. La politica di Haile Selassie è molto cauta ed accorta: una linea di neutralismo che si avverte anche nella costante ricerca di equilibrare gli aiuti internazionali sempre in modo che l’apporto di nessun Paese possa prevalere decisamente su quello degli altri.

Questo equilibrio, questo acuto senso della moderazione e dell’arte del possibile, l’anziano imperatore cerca ora di esercitarlo sul piano della politica continentale portando l’Etiopia in una posizione d’avanguardia nell’impegno per l’indipendenza e l’unità dell’Africa”.

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Grande Dizionario Enciclopedico UTET – 1957

“HAYLA SELLASE I. Imperatore di Etiopia (Harar, 1891 – vivente). Nipote, per parte di madre, di Menelik, ras Tafari Makonnen (tale è il suo nome originario), studiò ad Addis Abeba, poi fu governatore del Sidama e nel 1911 dell’intero Harar. Proclamato erede al trono in seguito alla caduta di Iyasu nel 1916, assunse il titolo di ‘negus’, finché, per la morte dell’imperatrice Zauditù, di cui era stato reggente, divenne nel 1930 ‘negus neghesti’ (re dei re). Già era riuscito come reggente a far ammettere l’Etiopia nella Società delle Nazioni (1923), a istituire una rappresentanza presso gli Stati europei, a firmare un trattato ventennale di amicizia con l’Italia nel 1928. Come sovrano la sua azione fu ispirata da accorto senso delle possibilità e da sincero desiderio di avviare l’Etiopia a forme di vita economica, politica e sociale più moderne. Nel luglio 1931 emanò una costituzione bicamerale, che mirava a mitigare il potere feudale dei ras latifondisti e a rafforzare l’autorità monarchica. Decisiva fu, nel suo regno, la crisi del 1935-36 con l’Italia fascista. L’aggressione ordinata da Mussolini portò, dopo una guerra abbastanza rapida, alla conquista di tutta l’Etiopia da parte italiana e poi a una guerriglia di resistenza da parte di Hayla Sellase I, che infine dovette riparare al di là dei confini. Tornato il 5-V-1941 ad Addis Abeba, Hayla Sellase I seppe destreggiarsi fra le correnti xenofobe interne e le pressioni degli Inglesi occupanti e, servendosi con abilità delle trasformazioni sociali ed economiche compiute dagli Italiani, nonché dell’aiuto finanziario e tecnico degli Inglesi e degli Americani, cercò di accelerare lo sviluppo strutturale dell’Etiopia. Riuscì di fatto a promuovere la formazione di un primo nucleo dirigente e a varare nel novembre 1955 una nuova, più moderna costituzione fondata sul suffragio universale. Nel campo internazionale ottenne significativi successi con la firma della Carta dell’O.N.U., la partecipazione alla Conferenza di Londra del 1947 sulla questione dei territori italiani d’Africa, l’acquisto della corona dell’Eritrea nel 1950, i viaggi nelle capitali mondiali nel 1954.”

(Tratto dal “Grande Dizionario Enciclopedico”, Utet 1957)

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L.B. Johnson – Presidente degli Stati Uniti – 1967

Il Presidente degli Stati Uniti L.B. Johnson – 14 Febbraio 1967:

Vostra Maestà Imperiale, Sig. Vice Presidente, Sig. Giudice Capo, distinti ospiti, signore e signori:

E’ un alto privilegio questa notte onorare uno dei più coraggiosi, lungimiranti e rispettati statisti di questo secolo, che ha guadagnato un posto indelebile nel cuore degli uomini ovunque.

Monarca del regno Cristiano più vecchio e di un’antica civiltà, voi, Vostra Maestà, personificate per noi lo spirito eterno di devozione alla libertà e all’indipendenza del vostro popolo Etiope.

L’essenza del carattere Etiope fu riposta nelle vostre toccanti parole molti anni fa: “Con l’aiuto di Dio, siamo sempre stati fieri e liberi sulle nostre montagne native”.

E’ difficile per me esprimervi questa notte il posto veramente speciale che voi occupate nella nostra tradizione.

In vero, nella tradizione di tutto il genere umano.

Molti di noi in questa stanza stanotte richiamano alla mente la notte del 28 Giugno 1936, quando l’Imperatore d’Etiopia fece un appello alla Società delle Nazioni.

Un appello per il suo popolo sofferente che fu anche un appello veramente commovente alla coscienza dell’umanità.

La domanda finale di Vostra Maestà alla Società è riecheggiata per molti anni con impatto profetico:

“Chiedo alle 52 nazioni che hanno dato al popolo Etiope la promessa di aiutarlo nella sua resistenza all’aggressore, cosa vogliono fare per l’Etiopia? “

“E alle grandi potenze che hanno promesso di garantire la sicurezza collettiva ai piccoli stati su cui pesa la minaccia di subire un giorno il fato dell’Etiopia, io chiedo, che misure intendente prendere ?”

“Rappresentanti del mondo, sono venuto a Ginevra per assolvere in mezzo a voi il più doloroso dei doveri di un capo di stato.”

“Che risposta dovrò portare indietro al mio popolo?”

Noi tutti conosciamo – per la nostra vergogna – la risposta che Vostra Maestà ha ricevuto..

Il tradimento dell’Etiopia fu in verità il punto di svolta sulla strada verso l’aggressione e la guerra.

La sua lezione è stata incisa nella nostra memoria e ci ha spronato a costruire un mondo dove i solidi impegni a resistere all’oppressione non sono più soltanto pezzi di carta.

Vostra Maestà, richiamiamo con grande piacere anche il vostro ritorno trionfale ad Addis Abeba. E la vostra rimarchevole ricostruzione della vostra nazione quando avete posto in atto i vostri ideali di modernizzazione a lungo sostenuti e a lungo frustrati:

— costruendo scuole, una bella università, ospedali, dighe, aeroporti, fabbriche;

— volgendo Addis Abeba in una città moderna, bellissima, dinamica;

–proclamando una costituzione riveduta e un sistema legale;

–addestrando i giovani Etiopi ai compiti del futuro nel 20° secolo. Vostra Maestà, non avete confinato il vostro concernimento soltanto al vostro popolo.

Abbiamo tutti assistito, e possiamo testimoniare a riguardo con ammirazione, alla vostra impressionante performance come leader dei molti e diversi popoli dell’Africa – e come mediatore nei confronti potenzialmente esplosivi tra i vari stati Africani.

L’Organizzazione dell’Unità Africana – che la vostra iniziativa nel 1963 ha contribuito a creare – è una delle istituzioni più promettenti nel movimento verso pace, ragione e unità nel grande Continente dell’Africa.

E’ stato sempre un privilegio e piacere unico per me avere un’opportunità di scambiare vedute sugli affari internazionali con uno di coloro che io considero uno dei più grandi statisti anziani del mondo.

Oggi, come nel 1963 quando parlammo l’ultima volta, abbiamo avuto un immediato senso della grande comprensione e rispetto reciproci che i nostri popoli nutrono uno per l’altro.

Vostra Maestà, noi facciamo profondamente tesoro di questa relazione. E’ la mia più genuina e sincera speranza che le successive generazioni dei nostri popoli continuino a rinforzare il solido edificio della cordialità e della comprensione Etio-Americana.

In questa felice occasione, qui questa notte nella prima casa di questa terra, la Sig.ra Johnson e io, a nome dei nostri distinti ospiti, di tutti quelli che hanno avuto il privilegio di venire qui ed essere insieme questa notte, e certamente a nome di tutto il popolo Americano, proponiamo un brindisi a Vostra Maestà – statista rispettato, costruttore di pace nel mondo, e onoratissimo e fidatissimo amico.

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G. Sommi Picenardi – L’Illustrazione Italiana – 1930

“…proclamarono imperatrice la principessa Zauditù, ed elessero erede della corona Ras Tafari, figlio del grande Maconnen e cugino di Zauditù, ‘leone d’Etiopia e spada di Salomone’, noto per la sua saggezza politica, il suo valore militare e dai Lazzaristi francesi, che l’ebbero allievo, educato a un vibrante interesse per le cose europee. Anche in quella occasione, mentre si poteva già considerare arbitro del paese, Tafari diede prova d’ingegno sottile e di diplomatica finezza, volendo che il trono, offertogli dai suoi partigiani, venisse invece occupato dall’ultima superstite della famiglia di Menelik, che era appunto Zauditù … (…)

Da allora in poi (…) il Reggente Tafari esercitò continuamente quelle funzioni sovrane che oggi gli vengono di pien diritto attribuite, in seguito alla morte di Zauditù, assieme alla corona imperiale e al titolo di Negus Neghesti, ossia di Re dei Re.

L’opera di governo esercitata fin qui da Tafari può dirsi che proceda per tappe di continua civilizzazione del paese, nonostante le difficoltà create ad un rapido progresso dalla configurazione fisica del territorio e dagli immensi dislivelli culturali e psicologici di una popolazione che comprende il fastoso feudatario, superbo nella sua antichissima nobilità, e il selvaggio ignudo che vive nella macchia impenetrabile. Così si spiegano le molteplici difficoltà incontrate da Tafari nella sua lotta contro la perdurante vergogna della schiavitù. Tuttavia, il passato recente dà agio a bene sperare dell’avvenire dell’Abissinia sotto il nuovo Sovrano…” (…)

“L’Illustrazione Italiana”, 13 Aprile 1930, p.601 – Articolo di G. Sommi Picenardi

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Carlo Tuzii – Radiocorriere TV – 1965

“UN IMPERATORE ILLUMINATO

Siamo arrivati ad Addis Abeba il 7 gennaio, in occasione del Natale etiopico. C’era una grande cerimonia religiosa alla Chiesa della Trinità, che è la Cattedrale copta della città, e una grande folla attendeva l’arrivo dell’imperatore. Era una folla pittoresca, come tutte le folle africane, ma sostanzialmente ordinata. Attendeva da ore, sotto il sole, con pazienza. Solo in un altro Paese ho visto attendere così: in Inghilterra. E probabilmente questa coincidenza non è casuale: Hailé Selassié rappresenta in Africa la forza della tradizione, come Elisabetta II in Europa.

Tagliata fuori dal mondo circostante per la sua natura di altopiano montagnoso, che l’ha resa inaccessibile per secoli, l’Etiopia è uno dei pochissimi Paesi africani che possano vantare una lunga indipendenza: trenta secoli, con la sola breve interruzione dell’occupazione italiana dal 1936 al ’41.

Il Paese ha una forte tradizione cristiana, ma è popolato da diverse minoranze religiose, mussulmani, animisti, pagani. E’ formato da quaranta gruppi etnici diversi: da questo deriva il nome Abissinia, che vuol dire mescolanza di razze. (…) Sono orgogliosi; e la loro fierezza traspare anche nei gesti più consueti, nel modo di salutare o di ringraziare, nelle manifestazioni di entusiasmo.

Fu così anche quel giorno alla Chiesa della Trinità.

Quando apparve in lontananza la ‘Rolls Royce’ verde dell’imperatore si alzò un urlo fra la folla (è un urlo acuto e tremolante che si chiama ‘eleltà’), alcuni si prostrarono a terra, altri sollevarono i bambini perché potessero vedere meglio; ma non c’era nulla di servile nei loro atteggiamenti.

L’imperatore, seduto su un cumulo di cuscini, rispondeva al saluto con gesti discreti, come si conviene a chi ha alle spalle una dinastia vecchia di tremila anni. Sorrise benevolmente al nostro operatore che si era buttato avanti per riprendere la scena.

ALLA LEGA DELLE NAZIONI

Hailé Selassié è il duecentocinquesimo Negus d’Etiopia; discende in linea diretta da Menelik I, che la leggenda vuole figlio di Salomone e della Regina di Saba. Gli competono i titoli di Eletto del Signore, Leone Trionfante della Tribù di Giuda, Re di Sionne, Re dei Re.

La sua figura è indissolubilmente legata alle vicende dell’Etiopia moderna. Divenne imperatore il 2 novembre 1930, ma la sua carriera pubblica era cominciata molti anni prima. A quattordici anni era stato nominato Vice-Governatore dell’Harrar, poi Re dello Scioa, infine, nel 1917, Reggente al Trono.

Fu lui, proprio durante il periodo della reggenza, a volere che il Paese entrasse a far parte della Lega delle Nazioni; e questo nel 1923, quando le grandi potenze consideravano ancora l’Africa come una terra di conquista. Questa fu una prova di intelligenza, ma anche di autentica sensibilità politica, che doveva essere confermata pochi anni dopo, in occasione del conflitto italo-etiopico.

Fu il primo monarca africano ad apparire di fronte ad un organismo internazionale per difendere la causa del suo Paese. La sua dichiarazione davanti alla Lega, il 30 giugno 1936, lo pone di diritto fra i grandi personaggi della nostra epoca. ‘Il problema sottoposto all’Assemblea – affermò in quell’occasione – è più vasto che la rimozione delle sanzioni. Si tratta della fiducia che ogni Stato deve riporre nei trattati internazionali, del valore che debbono avere le promesse fatte alle piccole nazioni, perché la loro integrità e la loro indipendenza siano rispettate e garantite. In breve: è in giuoco la moralità internazionale. A parte il Regno del Signore, non c’è su questa terra alcuna nazione che sia superiore ad un’altra’.

SAGGEZZA ED EQUILIBRIO

Mantenne questa sua fiducia anche negli anni dell’esilio in Inghilterra; e ne diede prova al rientro in Etiopia con una politica molto equilibrata nei confronti della comunità italiana rimasta nel Paese, ottenendo così che i nostri connazionali dessero un prezioso contributo alla ricostruzione e allo sviluppo dell’Etiopia.

Saggezza, equilibrio, moderazione: sono queste le qualità salienti di Hailé Selassié, quelle che gli hanno consentito di restare alla guida di un Paese dalle strutture ancora feudali e al tempo stesso di assumere una posizione di prestigio all’interno del Movimento di Unità Africana.

Le stesse qualità le manifesta nella sua vita privata. Abita al Palazzo del Giubileo, nel centro di Addis Abeba, circondato da un numero imprecisato di nipoti e pronipoti. La sera, al tramonto, scende con loro alle scuderie, per dare da mangiare ai cavalli (l’equitazione è sempre stata la sua grande passione). Ha 73 anni, ma conserva un passo e un’andatura molto giovanili.

E’ difficilissimo avvicinarlo, ma una volta superata la barriera dei cortigiani e dei funzionari, è di una cortesia estrema. Parla poco, a monosillabi, ma ascolta attentamente.

La sua Corte ha un cerimoniale fra i più rigidi del mondo (superiore persino a quello della Corte inglese), ma alle cerimonie pubbliche si presenta accompagnato da almeno uno dei suoi molti nipoti e dalla cagnetta Lulù. Quando gli abbiamo chiesto se ha fiducia negli uomini ci ha risposto che non bisogna disperare; e ha continuato a carezzare sorridendo uno dei suoi cavalli.

Questi sono alcuni aspetti di Hailé Selassié, il trentesimo personaggio che appare alla ribalta di Primo Piano.”

Da “Radiocorriere TV” 18-24 Aprile 1965, p.24, articolo di Carlo Tuzii

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N.S. Khrushchov, Presidente del Consiglio dei Ministri dell’U.R.S.S. – 1959

Mosca, URSS
11 Luglio 1959

“Vostra Maestà Imperiale,
Signore e Signori,
Compagni,

Siamo qui riuniti per un ricevimento in onore del nostro visitatore Regale, l’Imperatore dell’Etiopia.

(…)

Nel vostro tour attraverso il nostro paese, avete certamente notato quanto profondamente radicata e sincera sia l’amicizia e buona volontà del popolo Sovietico verso il popolo dell’Etiopia. Si sa che l’amicizia tra i nostri paesi ha profonde radici storiche. Ma non è soltanto una questione di tradizione. Gli uomini e le donne dell’Unione Sovietica rispettano il prode popolo dell’Etiopia, che per molti decenni è stato di fatto l’unica nazione dell’Africa che è riuscita a mantenere la libertà nazionale e l’indipendenza del proprio paese nel combattimento contro i colonialisti.

Il popolo sovietico simpatizza per il desiderio dell’Etiopia di fare un uso più estensivo della sua ricchezza naturale e di sviluppare la sua economia nazionale. Esso stima altamente la politica straniera di pace dell’Etiopia, basata sui principi di Bandung.

Gli uomini e le donne dell’Unione Sovietica hanno un’alta stima personale di Vostra Maestà Imperiale, come un uomo che, dopo essere asceso al trono, ha eliminato la schiavitù nel suo paese ed ha portato avanti altre riforme per sviluppare lo stato Etiope.

La lotta del popolo Etiope sotto la vostra leadership contro gli aggressori Italiani fascisti ha suscitato l’ammirazione del nostro popolo, che aveva un alto riguardo per l’eroismo dei figli del vostro paese. Essi hanno combattuto prodemente contro l’invasore, e hanno mantenuto l’indipendenza nazionale del proprio paese. Ciò è apprezzato dal popolo Sovietico in maniera particolarmente elevata, poiché anch’esso ha patito un’incursione da parte delle orde fasciste – Tedesche e Italiane – e le ha messe in fuga nella lotta eroica. La lotta di liberazione del nostro popolo contro l’invasore fascista ha giocato una grande parte nell’avvicinare insieme i nostri due paesi.

Gli uomini e le donne dell’Unione Sovietica sono felici di accogliere i loro ospiti Regali, che rappresentano i paesi indipendenti dell’Africa, i cui popoli stanno lottando per sradicare completamente il vergognoso sistema coloniale…”

 

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Presidente USA D. D. Eisenhower – 1954

Casa Bianca, Washington, USA
26 Maggio 1954
“Vostra Maestà, signore e signori:
Durante il passato secolo e mezzo, molti individui di distinzione si sono intrattenuti tra queste mura – alcuni del nostro proprio paese, altri in visita presso di noi dall’estero. Penso di poter dire con sicurezza che mai alcuna compagnia qui riunita sia stata onorata dalla presenza nel suo ospite d’onore di un individuo più noto per la sua fiera difesa della libertà, e per il suo coraggio nel difendere l’indipendenza del proprio popolo, dell’ospite d’onore di questo pomeriggio.
Ho letto una volta che non si può sapere di alcun individuo se abbia grandezza fin quando non sia stato testato nell’avversità. Per mezzo di questo test, il nostro ospite d’onore ha stabilito nuovi standard nel mondo. In 5 anni di avversità, con il suo paese invaso ma mai conquistato, egli non ha mai perso per un solo singolo secondo la sua dignità. Egli non ha mai perso la sua fede in sé stesso, nel suo popolo, nel suo Dio.
Considero un grandissimo privilegio, signore e signori, chiedervi di alzarvi e fare con me un brindisi a Sua Maestà Imperiale, l’Imperatore d’Etiopia.”
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