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Guerra Italo-Etiopica L'Imperatrice Menen

Discorso alla Vigilia della Guerra con l’Italia – 11 Settembre 1935

GLI INSEGNAMENTI DELL’IMPERATRICE

NEW YORK TIMES
11 Settembre 1935, pochi giorni prima dell’invasione fascista.

“Potenti eserciti si stanno preparando ad invadere il nostro paese col pretesto fallace di portare civiltà al nostro popolo pastorale, pacifico, che vive vicino alla natura e in comunione con Dio.

Possa il cielo salvarci da una tale civiltà. Sotto le gravi, dolorose circostanze in cui viviamo e in presenza della minaccia di guerra che pesa su di noi, pensiamo che le donne in tutto il mondo abbiano il dovere imperativo di far udire le proprie voci, esprimendo i propri sentimenti.

A tutte le latitudini, in ogni clima e paese le donne sono ispirate dallo stesso spirito, l’amore per la pace. La guerra è sempre stata il più grande dei mali che schiacciano l’umanità. Qualunque sia la loro terra nativa, le donne dovrebbero rimproverare la forza bruta e detestare la guerra che distrugge le case ed ha come risultato l’uccisione di mariti, fratelli e figli.

Le donne Italiane, che sono madri come quelle Etiopi, soffrono al pensiero del male infinito, irreparabile che farà sorgere la guerra. Tutte le donne dell’universo dovrebbero perciò unire le proprie voci per chiedere fermamente che siano evitati gli orrori dell’inutile spargimento di sangue e della rovina accumulata.

L’Etiopia non è animata da alcuno spirito di violenza. Ella aspira soltanto alla pace. Nella lite che ci è stata imposta, la coscienza Etiope è pura e indisturbata. Gli Etiopi hanno sempre riservato un’accoglienza fraterna agli stranieri che sono venuti qui per faticare onestamente.

L’ambizione imperialistica è sorta presso uno dei nostri vicini, con cui noi auspichiamo soltanto di vivere pacificamente e senza desiderio di conquista. Non osiamo dubitare che il desiderio della pace, che guida l’Associazione Internazionale delle Donne, eserciti un’influenza su tutti quei destini che presiedono sull’umanità. Preghiamo fervidamente Dio che possa assisterle nel loro difficile compito. Desideriamo credere ancora nell’efficacia e nel successo dei loro sforzi per questo fine, e spereremo nel mantenimento della pace.

Ma se, nonostante le nostre preghiere, la guerra scoppiasse, noi donne sapremo come realizzare il doloroso, nobile compito di medicare le ferite ed alleviare, tanto quanto è possibile, i crudeli mali che genera la guerra. E’ confortante pensare che le donne del mondo intero saranno al nostro fianco così come lo sono oggi.

Donne del mondo, unite alle nostre le vostre preghiere all’Onnipotente, affinché Egli impedisca il crimine della guerra ! Chiedete all’Onnipotente di ispirare le parole e gli atti degli statisti, così che giustizia e pace possano regnare fino alle estremità del mondo!”.

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Guerra Italo-Etiopica

Messaggio di S.M.I. Haile Selassie I agli Anti-Fascisti Italiani

Messaggio di Sua Maestà Haile Selassie I, pubblicato da Sergio Ala, un giornalista italiano anti-fascista.
Ginevra, 1938.

“Sono lieto di incontrare uno degli Italiani che sono contro l’aggressione dell’Italia e che combattono contro la guerra.
Vi prego di inviare, a mio nome, saluti a tutti gli anti-fascisti.
So bene che la maggioranza del popolo Italiano non desiderava la guerra, e che la maggioranza del popolo non prova alcun odio verso gli Etiopi.
Gli Italiani sono stati o ingannati, o forzati alla guerra.
Non ho alcun sentimento d’odio verso il popolo Italiano.
Ho personalmente parlato con molti Italiani fatti prigionieri dall’esercito Etiope. Ho dato ordini affinché siano trattati umanamente, come uomini, non come nemici.
Tutti hanno dichiarato di non essere fascisti, e che le autorità li hanno ingannati, dicendo loro che sarebbero stati ricevuti in Etiopia come amici e liberatori, e che avrebbero trovato lì ricchezze e riposo – non guerra.
Per distruggere l’indipendenza dell’Etiopia, il fascismo ha impiegato gli stessi metodi violenti che ha usato, ed ancora usa, per distruggere le libertà dell’Italia.
Continueremo a combattere – per la nostra indipendenza – a tutti i costi, a dispetto delle difficoltà, dei tradimenti e dell’indifferenza.”

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Guerra Italo-Etiopica

Residui Coloniali Alla Stazione di Milano

Basta recarsi alla Stazione Centrale di Milano per capire che questa Nazione non ha mai fatto i conti onestamente con il suo passato.

Una targa commemorativa dei martiri della “Guerra Italo-Etiopica“, morti per “il supremo ideale” di un’invasione immorale, illegale, sciagurata, fallimentare, inutile, abominio di ignoranza e inciviltà.

Abbiamo decine di queste carcasse sparse per il territorio, anche in punti d’importanza politica e di grande esposizione, ed è arrivato il tempo che gli Italiani conoscano la verità, e che tutto questo venga ufficialmente rettificato.

E sarebbe un’opera concretamente anti-fascista.

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Guerra Italo-Etiopica

L’Imperatore ha Personalmente Combattuto sul Campo

Sua Maestà Imperiale Haile Selassie I fu l’unico capo di stato a combattere sul campo di battaglia come soldato durante la Seconda Guerra Mondiale.
Diversamente da Mussolini, che non toccò mai il suolo Etiope né mai partecipò direttamente ad attività belliche, Egli fu continuamente presente al fianco dei Suoi soldati per i sette mesi dell’Invasione Fascista nel 1935-36, e condusse in prima linea la campagna di liberazione nel 1940-41.
La Sua condotta militare esemplare ed impavida fu testimoniata da molti osservatori esterni e giornalisti: fu continuamente esposto al fuoco nemico (che tuttavia non riuscì mai a toccarLo), e più volte imbracciò personalmente l’artiglieria pesante per respingere l’aggressore (così come vediamo in diverse foto), con cui abbatté ufficialmente un bombardiere Italiano.
Si realizzava così la parola profetica della Scrittura: “Il Signore è prode in guerra” (Esodo 15,3)
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Guerra Italo-Etiopica

YESEMATAT QEN – Il Giorno dei Martiri Etiopi dell’Invasione Fascista

Nel 1937
il 19 Febbraio
la febbre fascista
stese la mano
sull’innocenza degli Etiopi
calpestò il santo suolo
le chiese e i monaci
tentò di ingannare il popolo
con artifici tecnologici
corrompere il modello
morale e culturale, i principii
degradare il suo livello
bruciare manoscritti e libri
porre madamato e bordello
sulla purezza degli sposi
violenze sul cervello
per deviarlo coi loro ismi
produrre scismi e condurlo
lontano dai pascoli erbosi,
Graziani il macellaio
scelto tra gli odiosi più razzisti
per uccidere disprezzando
i civili come insetti parassiti
gas mostarda spruzzarono
contro tutte le convenzioni
internazionali dei diritti
la croce rossa bombardarono
senza inibizioni vandalismi,
teste mozzate
appese ostentate
e quante mutilazioni
degli organi intimi
saccheggiarono tesori
d’icone d’oro e troni
corone e reliquiari
ancora si vantano
nei musei napoletani
e non li restituisci,
ovunque temevano
l’Asse dei nazisti
ma a piedi scalzi
soldati nazirei
presero le armi
floridi nei ricci,
sfidarono i marchingegni
degli scientisti
primi e veri partigiani
versarono il sangue
per cinque anni esatti
affinché tu esisti
e ricordi l’inizio
di tutti i fatti scritti,
che morìa
d’impicci
la loro memoria
corta e selettiva
è più interessata
a creare avamposti
in Palestina
che affinare i giudizi,
negazionismi
e segreti di stato
ostacolano la coscienza
ma fu profetizzato
si batteranno il petto
tutti i regni della terra
per questo
Rasta non ti rattristi,
gli spiriti dei martiri
ti sussurrano
“resisti!”
è meglio morire liberi
che vivere da schiavisti.
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Guerra Italo-Etiopica

I Dreadlocks della Resistenza Etiope

Durante l’occupazione italiana, alcuni soldati della resistenza etiopica facevano voto di non tagliare né pettinare i capelli per tutta la durata della guerra, e così apparvero ai riflettori del mondo i primi “dreadlocks”, prima ancora dei Mau Mau in Kenya e dei Rasta nei caraibi.
Questa pratica si rifà all’insegnamento biblico contenuto nel libro dei Numeri al capitolo 6, ove si parla del voto più importante che un uomo possa fare per ricevere forza e potere speciali – chiamato “Nazireato” (Nazrawi) – che implica l’astensione dal rasoio e dal pettine.
Proprio come il celebre Sansone fu Nazireo dalle lunghe trecce per distruggere in guerra i Filistei e liberare il popolo dalla loro oppressione, così ancora questi soldati vittoriosi custodivano le antiche tradizioni della Bibbia scomparse altrove, ed evocavano poteri ancestrali.
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Guerra Italo-Etiopica

Le Ignobili Vignette Fasciste

Ecco una raccolta di deliziose vignette “umoristiche” sulla guerra d’Etiopia, pubblicate dalla propaganda fascista durante il conflitto, dal 1935 in poi.

Un concentrato di viltà, slealtà, malvagità, disprezzo della vita umana e dell’onore: falsi cristiani che desideravano sterminare gli uomini come insetti, e violare le loro donne come prostitute, nonostante gli Etiopi fossero anche di fede cristiana e di tradizione ben più antica di quella di Roma.

La “bella abissina” doveva essere una concubina del madamato fascista, e l’abissino maschio il suo animale da soma. E tutto questo avveniva con il sostegno attivo dell’opinione pubblica e della Chiesa Cattolica.

Da mostrare a tutti quelli che ancora usano la retorica: “fino alle leggi razziali Mussolini ha fatto bene”. Qui siamo nel 1935, ed è pura barbarie di cui il popolo italiano deve prendere atto e da cui deve redimersi.

 

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La Vittoria Di Adwa – 1° Marzo 1896

Il 1° Marzo 1896 l’Imperatore Menelik II sconfiggeva l’esercito italiano ad Adwa, nel Nord dell’Etiopia. I soldati Italiani, che avevano occupato l’Eritrea e volevano invadere l’entroterra, furono quasi completamente sterminati, e i pochi sopravvissuti catturati e schiavizzati. Il Governo Crispi cadde immediatamente e la notizia ebbe un tremendo impatto mediatico e politico di portata internazionale.
La vittoria di Adwa fu la prima di un paese Africano contro una potenza occidentale in epoca coloniale: una vittoria che difese la dignità e libertà Africana in tempi di totale oppressione e discriminazione, e che diede speranza di riscatto e liberazione a tutti i poveri e abusati della terra…
Il massimo generale di Menelik ad Adwa fu Ras Makonnen, padre di Haile Selassie I, che combattè eroicamente e fu anche ferito ad una spalla. Haile Selassie I all’epoca aveva soltanto 4 anni, e l’invasione romana fu tradizionalmente interpretata come la “strage degli innocenti” di Erode, che tentò di sradicare il Cristo nella Sua prima infanzia.
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Guerra Italo-Etiopica

Il 5 Maggio 1941, Liberazione dell’Etiopia dal Fascismo

YeNetzannet Qen

L’Etiopia fu liberata dal Fascismo, prima tra tutte le nazioni del mondo, il 5 Maggio 1941.

Rileggete quella vecchia poesia di Manzoni (5 Maggio), per cogliere l’eternità profetica dell’evento. Moriva Napoleone, il Leone di Napoli. E qui muore “Napoloni” (come il buon Charlie Chaplin chiama Mussolini nel “Grande Dittatore”). Eterno mistero dell’italiano imperialista esaltato, e poi calpestato.

E tuttavia perdonato. Perché non siamo in Yugoslavia e non c’è Tito, c’è lo Spirito di Cristo, e seppur la vittoria nel 1941 sia lontana, la prima cosa che fa il Re al rientro è garantire l’amnistia a tutti i suoi nemici, e una fetta consistente di famiglie italiane è tutt’ora viva a motivo di questa grazia ignorata, di cui loro non sarebbero capaci.

Nella foto, Haile Selassie I calpesta una bomba inesplosa, sotto lo sguardo attonito dei suoi soldati, e si fa fare una foto. Erano i giorni dell’invasione, e gli Italiani gassavano la popolazione con l’iprite, ed abusavano slealmente di tutti i loro vantaggi tecnologici. Haile Selassie I è in prima linea, sotto le bombe, sotto il fuoco, con la mitragliatrice in mano, con il piede sulla bomba. Partigiano prima dei Partigiani. Difensore degli oppressi.

E Mussolini, chi l’ha mai visto combattere la guerra che lui stesso aveva originato ? Finirà appeso e sputato, mentre il Re riprenderà posto sul Suo trono d’oro.

Come sapeva molto bene quel giorno, in cui decise di farsi fare una foto “da incosciente”, per dare speranza a tutti i popoli dei mondo spaventati dal fascismo.

Lui, nel mezzo del diluvio di fuoco, era così tranquillo..

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Guerra Italo-Etiopica

La Statua del Leone di Giuda fu portata a Roma dai Fascisti

Dopo l’occupazione del 1936, i Fascisti rubarono il monumento del Leone di Giuda che si trovava ad Addis, e lo deposero, a Roma, ai piedi dell’obelisco commemorativo dei caduti di Dogali, ovvero gli sconfitti della prima aggressione italiana ai danni dell’Etiopia, avvenuta alla fine dell’800.

Nel 1960, l’Italia nuovamente sconfitta riconsegnerà il Leone, tutt’ora custodito ad Addis e visitabile presso la sua stazione ferroviaria.

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