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Babilonia

La Divina Commedia denuncia l’Apostasia Romana

“Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.”
La Divina Commedia di Dante, Il più importante testo letterario della civiltà Italiana, il fondamento storico della stessa lingua italiana che utilizziamo, inizia dichiarando il suo smarrimento della retta via e la sua deviazione.
E pare che non lo comunichi soltanto in senso individuale, poiché ci tiene a parlare di una vita “nostra”, e richiama un livello sociale e collettivo di perversione storica, che si percepisce chiaramente seguendo la narrazione del testo. Basterebbe dire che si tratta dell’opera più ferocemente anti-Vaticana mai concepita dall’uomo, che seppellisce tra le torture dell’inferno quasi tutti i papi, ne contesta l’autorità e sferza violentemente la loro depravazione con tono profondamente profetico. Parla dello smarrimento di un’intera civiltà, e nessuno che lo insegni mai con limpidezza intellettuale e onesta applicazione al mondo contemporaneo.
I commentari liceali della Divina Commedia sono concepiti per rendere il suo insegnamento insopportabile, come quello di una favola erudita piena di nozioni ma priva di verità, ed astrarlo il più possibile dalle problematiche della vita reale. Nel caso di questo verso, sono più impegnati a meditare sul suo significato anagrafico (il mezzo della nostra vita media, 35 anni) che quello profondamente spirituale, e profondamente vero, che denuncia tutta la civiltà italiana, chiesa e stato, come storicamente “deviata”.
E quel “Nel mezzo” fa anche inevitabilmente pensare, in senso storico più ampio, che Dante viene nel Medio-Evo, in quell’epoca della storia che è considerata il “medio” tra due epoche, la prima delle quali scandita dalla venuta di Cristo, e la seconda (l’epoca moderna) da un evento di importanza evidentemente parallela. Come vedremo, Dante lo identificherà nella venuta di una figura messianica di liberazione politica, il “Veltro”, che non è altro che il Cristo nella Sua Seconda Venuta, e che avrebbe storicamente corretto la deviazione romana.
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Chiesa Ortodossa Etiope

La Tradizione Etiope riguardo alla Chiesa di Roma

“All’inizio invero Roma credette rettamente alla predicazione degli apostoli, sino a Costantino e alla regina Elena, che scoprì il legno della croce, e rimasero nella retta fede centotrenta anni.
E in seguito insorse Satana, in nemico degli uomini dall’antichità, e sedusse gli uomini del paese di Roma; e corruppero la fede di Cristo e introdussero l’eresia sulla chiesa del Signore…
Essi, che non sanno da dove vengono e non sanno dove vanno…”
Kebre Negest, Cap. 93
“Vi rivelerò del re di Roma, quando disobbedirà e irriterà il Signore nella fede. Questa fede che abbiamo istituito, è la fede che un futuro re trasgredirà in Roma, e un capo dei vescovi (il papa) si unirà a lui.
E cambieranno e falsificheranno l’esposizione dei dodici apostoli e la trasformeranno nel desiderio del loro cuore, e insegneranno secondo il loro volere e volgeranno la scrittura alla loro maniera, come disse l’apostolo: ‘Per questo essi stessi si sono comportati come Sodoma e Gomorra’. E nostro Signore nel vangelo disse ai suoi discepoli: ‘Guardatevi da quelli che vengono a voi con vesti di pecore, mentre dentro sono lupi e rapaci’.
Nessuno di quelli che avranno cambiato la nostra fede siederà sul trono di Pietro. Poiché, se vi siederanno dei loro capi dei vescovi (papi) dalla fede ammalata, le loro viscere saranno denudate, poiché all’angelo del Signore è stato ordinato di custodire il trono di Pietro in Roma.”
Kebre Negest, Capitolo 113
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